M A C O S' E' LA C O S C I E N Z A?
Di Luciano Peccarisi Febbraio 2009
Luciano Peccarisi è medico di famiglia, specialista in Neurologia. Vive e lavora ad Ostuni (Br). Si interessa di coscienza e del rapporto mente-cervello. E' autore del recente libro: Il miraggio di “conosci te stesso”. Coscienza, linguaggio e libero arbitrio, edito da Armando, Roma, 2008.
Introduzione
Introduzione
Un giorno nell’antica Grecia i Sette Savi andarono a Delfi per una gita. Il gran sacerdote approfittò dell’occasione per far scrivere da ognuno di essi sulle mura del tempio, una massima. A Chilone da Sparta non veniva in mente nulla, le frasi migliori, pensava, le avevano già scritte gli altri. Stava per rinunciare quando prima di andarsene butto lì, proprio sul frontone d’ingresso, “Conosci te stesso”(1). Frase che risuonerà fino ad oggi. Solo un organismo al mondo è in grado di pensare a se stesso. Di non pensare solo al qui e ora animale, ma essere il risultato di un passato e una prospettiva di futuro. Prima la Terra era come la Luna; nuda e cruda, senza vita. Poi la vita nacque, ma poteva non essere mai nata. Da pietre, scogli e acqua insensibili, si fece viva la prima molecola, “la chiameremo replicante”(2). Se non fosse apparsa sarebbe rimasta come quasi tutti gli altri pianeti. Un enorme macigno inerte e vagante nello spazio. Ireplicanti rappresentano un particolarissimo e nuovo tipo di materia: la materia sensibile. Figli e specchi della natura vi è in loro una reattività che non esiste nelle pietre, negli scogli e nell’acqua. Che nelle menti, frutto raffinato dell’evoluzione dei replicanti, si esprime con esperienze e impressioni interne; qualsiasi altra cosa “ ti arriva attraverso di esse”(3) e si esprime attraverso comportamenti. E’la causalità fisica che si esprime, forse, negli organismi viventi come causalità biologica. Macchine biologiche realizzate dalla natura. L’evoluzione può essere immaginata “come un sorprendente processo biologico per la creazione del codice genetico”(4). Una di queste straordinarie macchine sensibili, apparse per caso sulla terra, già che c’era, realizzò un altro miracolo. Con emissioni sonore comunicò i suoi stati interni, designò le cose, si mise d’accordo, si organizzò, imparò a conoscere molto più degli altri. E’ incredibile come la parola, realizzazione del suono che rappresenta un’idea, concretizzandosi e materializzandosi, diventò manufatto: archi, frecce, lame, monili, capanne. Tutte cose in via di miglioramento costante; un’evoluzione delle idee e delle cose. Un’evoluzione interna che riguardava il cervello e la mente e un’evoluzione esterna, che arredava il mondo non di vegetazione e animali ma di costruzioni, opere, suppellettili, strumenti. Man mano che le idee si realizzavano modificavano il mondo, che difatti oggi è completamente trasformato. Forse un marziano che visitasse oggi il pianeta sarebbe più attratto dal luccichio delle grandi città formicolanti di auto, dalle lunghissime autostrade, dai trafori, dai treni, dalla muraglia cinese e dalle piramidi, che dai boschi, fiumi, laghi e animali che stanno quasi per contorno. Questa mente nuova, la mente di un animale diverso, apparso di recente a calcare le scene del mondo, oggi si chiama la ‘coscienza umana’. Se chiedessimo ad un gatto perché insegue il topo ci direbbe di non saperlo di preciso, è una pulsione interna, un istinto, che gli dice ciò che deve fare; ed è, in fondo, un problema che non si è mai posto. L’uomo, quando tradusse i suoi pensieri in parole, si pose il problema della loro origine e, non sapendo cosa fossero gli istinti, ne dedusse che forze esterne comandavano le menti. E diede loro il nome di Dei. In effetti, di forse esterne ancestrali si trattava, ma non avevano probabilmente origine divina. Nasciamo pieni d’istinti, il neonato posato in acqua comincia nuotare e, sollevato, procede con un abbozzo di deambulazione. Il cucciolo di gnu cade a terra appena partorito ma sa che deve mettersi in piedi nel più breve tempo possibile, cercare la madre, succhiare alle sue mammelle e, se isolato, restare tra l’erba alta immobile. La rondine esce dal nido la prima volta e sa già volare, volteggiare, seguire le correnti d’aria e ritornare planando al nido. Anche noi adulti facciamo un sacco di cose con inserito, per così dire, il pilota automatico. Possiamo guidare nel traffico mentre discutiamo animatamente col nostro amico a fianco. Giungiamo a destinazione senza accorgersi nemmeno del percorso fatto. Gli animali possono incedere distrattamente e di colpo svegliare la vigilanza e l’attenzione in seguito ad un rumore improvviso. Questa parte della mente, attenta e concentrata, che analizza il mondo esterno con il pensiero linguistico, è quella che nell’uomo moderno è la sede della coscienza specificamente umana.
Riassunto delle opinioni
Riassunto delle opinioni
Se chiediamo a noi stessi cosa significa coscienza, così viva e presente è la sensazione di esserci, che dubbi non ve ne sono. Rivestiti da un involucro di pelle, siamo pieni d’idee, di volizioni e d’emozioni. Anzi per Cartesio è proprio il dubbio la prova essenziale di essere coscienti. Descrivere a parole la coscienza comporta tuttavia parecchi problemi. Qualcuno spiega, si fa per dire, che è mistero, così come la vita. Per altri è un’illusione, anche se necessaria; e chi infine ne tenta una provvisoria esplorazione. La storia di coloro che si sono occupati del problema è lunghissima, forse fin dalla preistoria, percorrendo poi tutta la filosofia. Ma con un balzo arriviamo subito all’oggi.Forse è da quando Francis Crick, premio Nobel per aver scoperto la struttura del DNA insieme a Watson, rivolse la sua attenzione al problema della coscienza, che nella scienza qualcosa è cambiato. Perché era uno dei riduzionisti più radicali della storia. Almeno questa è l’opinione di uno dei più importanti giornalisti scientifici americani: “Soltanto (lui) poteva fare della coscienza un tema legittimo d’indagine scientifica"(5).Dovremmo trattare la coscienza come un problema scientifico. Con un approccio di tipo sperimentale, elaborando ipotesi, verificabili o falsificabili. Niente teorie vaghe, vuote e sperimentabili solo a livello della fantasia; solo così si potrà realizzare un effettivo progresso. Benché la metacognizione, l’introspezione e la consapevolezza delle emozioni, ad esempio, siano effettivamente degli aspetti della coscienza, non possediamo sufficienti conoscenze. Di conseguenza, questi processi saranno meglio indagati in futuro. La consapevolezza visiva, ad esempio, è un candidato più promettente. Possiamo fare riferimento ad un’enorme letteratura sulla psicofisica visiva e sulle lesioni in esseri umani e animali. Sappiamo moltissimo sulla neuroanatomia e neurofisiologia del sistema visivo, per lo meno nella scimmia e nel gatto. Fenomeni visivi quali la disparità binoculare, la visione del movimento e della profondità e così via, potrebbero sostenere la ricerca delle differenze neurobiologiche, tra l’essere o meno consapevole, di un animale sveglio e attento.
Un altro premio Nobel, per l'immunologia, Gerald. M. Edelman, presenta la teoria della selezione di gruppi neurali (TSGN). La natura è un luogo in cui animali e vegetali competono per l'accesso a risorse limitate. Si forma così l'ala di una rondine o il piede di un essere umano, senza nessun progetto esplicito. La continua generazione di un’enorme varietà di forme possibili, innesca il processo selettivo che premia e diffonde quella che meglio si adatta. Anche nei cervelli sono presenti raggruppamenti neuronali che svolgono funzioni specifiche, e, ognuno in competizione con gli altri, cerca di imporsi sulla scena. Quello che meglio si adatta alla situazione ambientale è quello che darwinianamente vince. Non c’è un progetto sin dall’inizio. In ogni cervello le regioni sono collegate in mappe e tutti i fenomeni fisiologici, e quelli che ancora si chiamano psicologici, s’integrano. Se quattro musicisti suonano insieme senza spartito, all'inizio c’è solo confusione. Poi lentamente ognuno comincia a prestare ascolto anche alle note prodotte dagli altri strumenti e alla fine esce una musica abbastanza coerente. La coscienza da coerenza ma ha la consistenza volatile ed effimera di una musica improvvisata. L'immagine del mondo che si forma nei singoli cervelli è personale, tuttavia l'individualità è connessa a una rete di scambi, è complessivo pur conservando caratteristiche uniche. “Non è dunque cosa, ma è un modo d'essere del cervello”(6). La coscienza “è’ un processo non un oggetto (…) Il risultato dinamico delle attività distribuite di popolazioni di neuroni in molte aree diverse del cervello”(7). E’privata e sembra continua, eppure è mutevole, ed è anche unitaria e integrata. “ I segnali del mondo non sono organizzati come informazione prima di interagire con il cervello”(8). Continuiamo a descrivere il nostro posto nell’universo con i mezzi della scienza, che ci mette di fronte a realtà crude. Troviamo conforto attraverso gli strumenti dell’arte. Nella realizzazione di entrambi i fini è la coscienza che ci fornisce insieme la libertà e la garanzia.
Igor Aleksander, ingegnere neurale di Londra, crede che sia possibile costruire una mente artificiale capace di coscienza con silicio e reti di circuiti integrati. A quanti credono che la scienza non potrà mai spiegare la natura personale della coscienza, anche quando arriverà alla piena comprensione del funzionamento neurale del cervello, ribadisce: “ Forse stanno ripetendo una vecchia storia della loro cultura, spinti dall'esigenza di provare stima di sé, come nell'antichità vi fu l'esigenza di credere che la Terra fosse al centro dell'universo"(9).
NOTE
Un altro premio Nobel, per l'immunologia, Gerald. M. Edelman, presenta la teoria della selezione di gruppi neurali (TSGN). La natura è un luogo in cui animali e vegetali competono per l'accesso a risorse limitate. Si forma così l'ala di una rondine o il piede di un essere umano, senza nessun progetto esplicito. La continua generazione di un’enorme varietà di forme possibili, innesca il processo selettivo che premia e diffonde quella che meglio si adatta. Anche nei cervelli sono presenti raggruppamenti neuronali che svolgono funzioni specifiche, e, ognuno in competizione con gli altri, cerca di imporsi sulla scena. Quello che meglio si adatta alla situazione ambientale è quello che darwinianamente vince. Non c’è un progetto sin dall’inizio. In ogni cervello le regioni sono collegate in mappe e tutti i fenomeni fisiologici, e quelli che ancora si chiamano psicologici, s’integrano. Se quattro musicisti suonano insieme senza spartito, all'inizio c’è solo confusione. Poi lentamente ognuno comincia a prestare ascolto anche alle note prodotte dagli altri strumenti e alla fine esce una musica abbastanza coerente. La coscienza da coerenza ma ha la consistenza volatile ed effimera di una musica improvvisata. L'immagine del mondo che si forma nei singoli cervelli è personale, tuttavia l'individualità è connessa a una rete di scambi, è complessivo pur conservando caratteristiche uniche. “Non è dunque cosa, ma è un modo d'essere del cervello”(6). La coscienza “è’ un processo non un oggetto (…) Il risultato dinamico delle attività distribuite di popolazioni di neuroni in molte aree diverse del cervello”(7). E’privata e sembra continua, eppure è mutevole, ed è anche unitaria e integrata. “ I segnali del mondo non sono organizzati come informazione prima di interagire con il cervello”(8). Continuiamo a descrivere il nostro posto nell’universo con i mezzi della scienza, che ci mette di fronte a realtà crude. Troviamo conforto attraverso gli strumenti dell’arte. Nella realizzazione di entrambi i fini è la coscienza che ci fornisce insieme la libertà e la garanzia.
Igor Aleksander, ingegnere neurale di Londra, crede che sia possibile costruire una mente artificiale capace di coscienza con silicio e reti di circuiti integrati. A quanti credono che la scienza non potrà mai spiegare la natura personale della coscienza, anche quando arriverà alla piena comprensione del funzionamento neurale del cervello, ribadisce: “ Forse stanno ripetendo una vecchia storia della loro cultura, spinti dall'esigenza di provare stima di sé, come nell'antichità vi fu l'esigenza di credere che la Terra fosse al centro dell'universo"(9).
NOTE
1) De Crescenzo L. (1988) Storia della filosofia greca, I Presocratici, Mondadori, Milano p. 24
2) Hofstädter D.R. Dennett D.C. (1981) The Mind’s I. Fantasies and Reflections on Self and Soul, trad. it. 1985, L’Io Della Mente, Fantasie e riflessioni sul sé e sull’anima, Adelphi, Milano, p. 131
3) Nagel T. (1987) What Does It All Mean? A very short Introdution to Philosophy, tr. it. 1996, Una brevissima introduzione alla filosofia, Il Saggiatore EST Milano, p. 13
4) Popper K. Eccles J.E. (1986) L'Io e il suo cervello, Armando, Roma, p. 522L'io e il suo cervello. 1. Materia, coscienza e culturaL'io e il suo cervello. 2. Strutture e funzioni cerebraliL'io e il suo cervello. 3. Dialoghi aperti tra Popper e Eccles
5) Horgan J. (1998) La fine della scienza, Adelphi, Milano, p. 248
6) Edelman G.M. (1989) The Remembered Present, Basic 2 Book, New York, tr. it. 1991, Il presente ricordato, Rizzoli, Milano, p. 232
7) Edelman G.M. (2004) Wider Than the Sky. The Phenomenal Gift of Consciousness, tr. it. 2004, Più grande del cielo. Lo straordinario dono fenomenico della coscienza, Einaudi, Torino, p. 6
8) Edelman G.M, Tononi G. (2000) A Universe of Consciousness. How Matter Becomes Imagination, tr. it. 2000, Un universo di coscienza. Come la materia diventa immaginazione, Einaudi, Torino, p. 260
9) Aleksander I. (2000) How to build a mind, tr. it. 2001, Come si costruisce una mente, Einaudi, Torino, p. 202
Ma che cos’è la coscienza?
Ma che cos’è la coscienza?
Di Luciano Peccarisi
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Per Paul Churchland, filosofo della California, le capacità della mente umana sono in realtà capacità del cervello umano. Questa semplice assunzione, e il suo implicito rifiuto del concetto cartesiano dell’anima separata dal cervello, è un’ipotesi basata su evidenze attualmente ottenibili dalla fisica, dalla chimica, dalle neuroscienze e dalla biologia evolutiva. I neuroscienziati sarebbero sciocchi a ignorare i dati psicologici, così come gli psicologi sarebbero sciocchi a ignorare in blocco i dati della neurobiologia. Sembra ovvio, per fare un esempio, che certe proprietà del sistema nervoso sono proprietà di rete. Poiché il comportamento neuronale è altamente non lineare, le proprietà della rete non sono mai una semplice somma delle parti. Le capacità di alto livello chiaramente esistono e le descrizioni ad alto livello sono quindi necessarie per specificarle, tuttavia forse dietro a certe parole non vi è niente. Per esempio “ desideri, credenze, intenzioni, valori, passioni, è probabile siano inesistenti”(10). Una volta liberati da questa immagine potremmo considerare i nostri stati mentali, e quelli degli altri esseri umani, in termini completamente nuovi, e cambiare l’interpretazione che spontaneamente diamo anche alla percezione di noi stessi (11). Così come in passato fu eliminato “il flogisto, il calorico e i quattro principi dell’alchimia medioevale” (12). L’uomo diventa cosciente acquisendo il linguaggio; pensare significa elaborare schemi, paradigmi, concezioni, quadri della realtà, visioni, continuamente sottoposte a input esterni. Le reti neurali, fittamente ricorsive, che stiamo sperimentando, sono in grado di immagazzinare schemi diversi e procedere a trasformazioni, cioè predisporre schemi innovativi, adatti a circostanze inattese, risolvere problemi, affrontare situazioni nuove.
Anche secondo John Searle, filosofo americano, la coscienza è un processo biologico che accade nel cervello, ma è anche un processo soggettivo. Stati mentali e stati fisici sono esattamente coincidenti e la differenza tra i due sta solo nei mezzi che impieghiamo per comprenderlo. Ad un livello più basso vi è una descrizione in termini di sinapsi e stimoli neuronali, e in questo la scienza mette a disposizione il suo metodo. Ad un più alto livello la descrizione è in termini di fenomeni, sensazioni, emozioni, ecc. La coscienza è una proprietà di alto livello del cervello nello stesso senso in cui la solidità è una proprietà emergente delle molecole di H2O, quando assumono la struttura del ghiaccio. Il paragone con il computer è sbagliato anche se utile nella simulazione dei processi cerebrali. Tuttavia “ la simulazione degli stati mentali non è uno stato mentale più di quanto la simulazione di un’esplosione è essa stessa un’esplosione “ (13). Immaginate un individuo chiuso in una stanza a cui passino dei simboli cinesi insieme a regole che li fanno corrispondere ad altri simboli, questi però da lui conosciuti. Ebbene può rispondere a domande in cinese, solo che lo fa meccanicamente, accoppiando simboli in entrata con simboli in uscita, secondo le regole che gli hanno insegnato, senza però capire nulla del cinese. Questo è quel che può fare una macchina che calcola, che lavora ma non comprende. E’ ai processi neurofisiologici che bisognerà invece rapportarsi; essi esauriscono l'intera attività cerebrale, “ il problema è dare una spiegazione materialistica completamente soddisfacente della mente che non finisca col negare il fatto che noi siamo intrinsecamente dotati di stati coscienti e di stati intenzionali” (14).
Joseph LeDoux, professore a New York, intende esplorare il problema dove i neuroni quasi si toccano e comunicano, a livello cioè delle sinapsi. Il riduzionismo è spesso considerato in modo dispregiativo da quanti sono estranei alla scienza. “Questo accade in parte perché alle persone piace pensare a se stesse nei termini della propria autoconsapevolezza, e non apprezzano l’idea che il Sé possa esistere a qualche altro livello che non sia quello della consapevolezza conscia” (15). I riduzionisti pensano che ad esempio una poesia debba essere descritta in termini di particelle subatomiche, ma ciò è una paradossale e assurda riduzione della complessità. L’idea che il Sé sia creato e preservato da arrangiamenti di connessioni sinaptiche non ci sminuisce ma fornisce una spiegazione di come sia possibile il pacchetto di protoplasma psico-spirituale e socio-culturale, enormemente complesso, che chiamiamo Sé. Il fatto che tutti gli aspetti del Sé non siano generalmente evidenti simultaneamente, e che aspetti differenti possano anche rivelarsi contraddittori, può dare l’impressione di costituire un problema disperatamente complesso. Tuttavia ciò significa semplicemente che componenti diverse del Sé riflettono il funzionamento di differenti sistemi cerebrali. L’amigdala, una specie di mandorla alla base degli emisferi cerebrali, è una struttura specializzata nelle emozioni. Senza amigdala non si potrebbe nemmeno piangere. Si accorge prima di tutti, come una sentinella, degli eventi e quindi li valuta prima, perché gli input dall’occhio e dall’orecchio la raggiungono direttamente, mentre vanno solo dopo al cervello ‘pensante’, la neocorteccia, per una valutazione più ponderata. Questa valuta solo dopo che ad esempio lo scoppio che abbiamo sentito dietro di noi e che ci ha fatto scattare di lato, era solo un palloncino di un bambino. A volte succede di reazioni e “repertori di risposte che vengono messe in atto senza che ci si renda assolutamente conto del perché si agisca in quel modo” (16). L’amigdala è il sistema della paura ma in origine serviva per avvertire del pericolo, sentire e valutare i suoni. Ricordiamolo: tu sei le tue sinapsi. Tuttavia siamo assai complessi, e, tramite il linguaggio, possiamo autodefinirci ed inventarci. Noi umani ci sentiamo fatti non solo di corpo ma anche del vestito, orologio, auto, casa, famiglia, amici, professione, barca, soldi, successo, prestigio, reputazione, onorabilità, ammirazione, sapienza, potere. Se perdono d’importanza o svaniscono, ci sentiremo abbattuti e tristi, proprio come un animale quando ha una zampa ferita o perso i denti, o altre parti importanti dell’organismo.
Per il fisiologo e biofisico Newyorkese, Rodolfo Llinás Riascos, il cervello è un emulatore della realtà, possiede al suo interno modelli preformati circa il modo di rispondere alle caratteristiche dell’ambiente in cui è prevista la propria esistenza. E’ qualcosa che si è evoluto nel tempo per ‘imitare’ ciò che esiste al di fuori di noi, e costruire una storia. Gli elementi di questa storia esistono prima della nostra nascita, poiché nessuno ci insegna a vedere i colori, né a sentire il dolore o le altre sensazioni. La coscienza è una proprietà intrinseca del cervello, con essa integriamo tutte le sensazioni in un'unica immagine. Esiste in sé. La coscienza quindi, non è un luogo fisico, ma un tempo e una frequenza, che accordano le diverse sensazioni all’unisono tra loro. Ricordiamoci che all'interno del cervello ci sono molti miliardi di neuroni, un numero enorme, eppure il sistema funziona come un singolo evento funzionale: la coscienza. Sono pochi i neuroni di vista, udito o di tatto, la maggior parte dei neuroni del cervello, infatti, non si occupa del mondo esterno. Il sistema nervoso è un sistema chiuso che genera stati oscillatori provenienti dai suoi neuroni, e li sintonizzano. Un’ondata oscillatoria di onde (17) attraversa il cervello e crea l’unificazione temporale, la coscienza è generata intrinsecamente ed è modulata (o contestualizzata) da impulsi sensoriali. Un’onda talamo-corticale, di 40 cicli al secondo, “ coinvolge entrambi gli emisferi e si diffonde dalle aree più profonde alle aree corticali superiori” (18). Il talamo, che si trova al centro del cervello, è il suo fulcro. Esiste una qualche ragione inconfutabile per sostenere che il cervello sia un sistema chiuso? Sì, pensate ad esempio al sogno. C’è un meccanismo che genera immagini; quelle stesse nelle quali noi ci muoviamo quando interagiamo con l'ambiente esterno. Il cervello non solo è un emulatore di una realtà ma cerca di anticiparla e modificarla. Ascoltare il tuo amico che parla dà l’avvio alla tua risposta potenziale di replica, e questo a volte lo fa innervosire perché magari conclude l’intervento in modo diverso da come ci aspettavamo. La coscienza ci permette, a volte, di passare dalle decisioni ‘automatiche’ a quelle ‘scelte appositamente’, di apportare correzioni (19).
Roger Penrose, fisico e matematico di Oxford, è perentorio: i progressi della fisica ci riserveranno in futuro gradite sorprese. L’essenza della nostra mente, e quindi di noi stessi, può essere spiegata da una teoria scientifica che comprenda sia la teoria quantistica sia quella della relatività. Nelle cellule cerebrali possono verificarsi fenomeni quantistici, in particolare in quei tubicini detti microtubuli, che nel loro insieme costituiscono lo scheletro della cellula del neurone. Costituito da una miriade di canali che trasportano materiale dall'interno all'esterno delle cellule. Portano i neurotrasmettitori fino alle sinapsi, il luogo dove due neuroni sono quasi a contatto, e si scambiano sostanze chimiche per trasmettere informazione. La qualità e la forza di una sinapsi può essere cambiata dall'azione dei microtubuli. Dobbiamo riuscire ad immaginare la coscienza come un fenomeno massiccio di coerenza quantistica. Il cervello non funziona come un computer calcolando i dati in arrivo e dando risposte in uscita (come presume la teoria computazionale della mente), per la semplice ragione che vi sono molti aspetti della mente che non computabili.I computer possono simulare efficacemente certe funzioni di calcolo dell’uomo ma non avranno mai comprensioni umane. Ci vuole un’ampliazione delle frontiere della fisica e delle leggi fondamentali. Quando facciamo della matematica nel nostro cervello accade qualcosa che va oltre la pura e semplice computazione, come quella che avviene all’interno del computer. Il computer, che si basa sulla fisica che conosciamo ora, può venire a capo di ciò che accade in una situazione fisica. Ma se le nostre menti lavorano in un modo che non è computazionale occorre convenire che ci troviamo di fronte a qualcosa di non riducibile alla fisica odierna. Pertanto “ ci dobbiamo attendere un mutamento profondo, che alteri le fondamenta stesse delle nostre opinioni filosofiche sulla natura della realtà" (20). Forse pensare al nostro cervello in termini di computer complicatissimi, di capacità di calcoli estremamente raffinati ha un senso; forse, raggiungendo un livello d’estrema complessità, i calcoli possono cominciare ad assumere qualità poetiche o soggettive, “è però difficile evitare la spiacevole sensazione che da un tale quadro debba sempre mancare qualcosa” (21).
Steven Rose è professore di biologia di Londra, per lui nessuno dei fondamentali attributi umani, linguaggio, autocoscienza e coscienza sociale è presente, se non in forma rudimentale, negli altri animali e nemmeno nell’essere umano appena nato. La mente è più vasta del cervello. Non siamo robot più o meno al servizio dei nostri geni ma siamo sistemi aperti, ben lontani dall’equilibrio dinamico. Selezioniamo e trasformiamo continuamente l’ambiente e viceversa. La mente deve essere considerata a diversi livelli: biochimici, psicologi e perfino i romanzieri, possono dare un contributo fondamentale. Nessun livello d’osservazione può considerarsi più importante degli altri. Per ora non siamo in grado di costruire ponti tra parti tanto diverse del sapere umano, eppure si tratta di linguaggi traducibili l'uno nell'altro, almeno in linea teorica. Il cervello è pieno di paradossi. Esso “è allo stesso tempo una struttura fissa ed un insieme di processi dinamici, parzialmente correlati e parzialmente indipendenti” (22). I processi mentali e coscienti sono proprietà evolute, servono per aumentare la possibilità della sopravvivenza umana: non sono scesi dal cielo e nemmeno sono proprietà addizionali prive di funzione, senza potere causale. Le potenzialità della mente devono essere fornite dalla nostra potenzialità evolutiva, dalla sua realizzazione nel corso dei mesi e degli anni della prima infanzia e dalla maturazione sia del cervello sia del corpo. Noi interagiamo con il mondo, con l’insieme di stimoli, di colori, odori, suoni, forme ed eventi che la corporeità percepisce e ai quali il cervello insieme a tutto il corpo cerca di dare un significato unitario e coerente. La coscienza è la percezione che il corpo ha di se stesso. Una coscienza intrisa di emozioni, le quali costituiscono la reazione immediata del corpo agli stimoli che vengono offerti dall’ambiente e dall’intera realtà. Oltre che naturalmente dalla memoria. Se niente in biologia ha senso se non alla luce dell’evoluzione, bene, per me il cervello non può essere compreso se non in un contesto storico. La mente di coloro che pensano sia solo una macchina che elabora l’informazione, è in fondo una macchina, astratta, sia pure molto sofisticata. Invece bisogna guardare ai cervelli reali che “ trasformano l’informazione inanimata in vivo significato, dando un senso al mondo che ci circonda” (23).
NOTE
Anche secondo John Searle, filosofo americano, la coscienza è un processo biologico che accade nel cervello, ma è anche un processo soggettivo. Stati mentali e stati fisici sono esattamente coincidenti e la differenza tra i due sta solo nei mezzi che impieghiamo per comprenderlo. Ad un livello più basso vi è una descrizione in termini di sinapsi e stimoli neuronali, e in questo la scienza mette a disposizione il suo metodo. Ad un più alto livello la descrizione è in termini di fenomeni, sensazioni, emozioni, ecc. La coscienza è una proprietà di alto livello del cervello nello stesso senso in cui la solidità è una proprietà emergente delle molecole di H2O, quando assumono la struttura del ghiaccio. Il paragone con il computer è sbagliato anche se utile nella simulazione dei processi cerebrali. Tuttavia “ la simulazione degli stati mentali non è uno stato mentale più di quanto la simulazione di un’esplosione è essa stessa un’esplosione “ (13). Immaginate un individuo chiuso in una stanza a cui passino dei simboli cinesi insieme a regole che li fanno corrispondere ad altri simboli, questi però da lui conosciuti. Ebbene può rispondere a domande in cinese, solo che lo fa meccanicamente, accoppiando simboli in entrata con simboli in uscita, secondo le regole che gli hanno insegnato, senza però capire nulla del cinese. Questo è quel che può fare una macchina che calcola, che lavora ma non comprende. E’ ai processi neurofisiologici che bisognerà invece rapportarsi; essi esauriscono l'intera attività cerebrale, “ il problema è dare una spiegazione materialistica completamente soddisfacente della mente che non finisca col negare il fatto che noi siamo intrinsecamente dotati di stati coscienti e di stati intenzionali” (14).
Joseph LeDoux, professore a New York, intende esplorare il problema dove i neuroni quasi si toccano e comunicano, a livello cioè delle sinapsi. Il riduzionismo è spesso considerato in modo dispregiativo da quanti sono estranei alla scienza. “Questo accade in parte perché alle persone piace pensare a se stesse nei termini della propria autoconsapevolezza, e non apprezzano l’idea che il Sé possa esistere a qualche altro livello che non sia quello della consapevolezza conscia” (15). I riduzionisti pensano che ad esempio una poesia debba essere descritta in termini di particelle subatomiche, ma ciò è una paradossale e assurda riduzione della complessità. L’idea che il Sé sia creato e preservato da arrangiamenti di connessioni sinaptiche non ci sminuisce ma fornisce una spiegazione di come sia possibile il pacchetto di protoplasma psico-spirituale e socio-culturale, enormemente complesso, che chiamiamo Sé. Il fatto che tutti gli aspetti del Sé non siano generalmente evidenti simultaneamente, e che aspetti differenti possano anche rivelarsi contraddittori, può dare l’impressione di costituire un problema disperatamente complesso. Tuttavia ciò significa semplicemente che componenti diverse del Sé riflettono il funzionamento di differenti sistemi cerebrali. L’amigdala, una specie di mandorla alla base degli emisferi cerebrali, è una struttura specializzata nelle emozioni. Senza amigdala non si potrebbe nemmeno piangere. Si accorge prima di tutti, come una sentinella, degli eventi e quindi li valuta prima, perché gli input dall’occhio e dall’orecchio la raggiungono direttamente, mentre vanno solo dopo al cervello ‘pensante’, la neocorteccia, per una valutazione più ponderata. Questa valuta solo dopo che ad esempio lo scoppio che abbiamo sentito dietro di noi e che ci ha fatto scattare di lato, era solo un palloncino di un bambino. A volte succede di reazioni e “repertori di risposte che vengono messe in atto senza che ci si renda assolutamente conto del perché si agisca in quel modo” (16). L’amigdala è il sistema della paura ma in origine serviva per avvertire del pericolo, sentire e valutare i suoni. Ricordiamolo: tu sei le tue sinapsi. Tuttavia siamo assai complessi, e, tramite il linguaggio, possiamo autodefinirci ed inventarci. Noi umani ci sentiamo fatti non solo di corpo ma anche del vestito, orologio, auto, casa, famiglia, amici, professione, barca, soldi, successo, prestigio, reputazione, onorabilità, ammirazione, sapienza, potere. Se perdono d’importanza o svaniscono, ci sentiremo abbattuti e tristi, proprio come un animale quando ha una zampa ferita o perso i denti, o altre parti importanti dell’organismo.
Per il fisiologo e biofisico Newyorkese, Rodolfo Llinás Riascos, il cervello è un emulatore della realtà, possiede al suo interno modelli preformati circa il modo di rispondere alle caratteristiche dell’ambiente in cui è prevista la propria esistenza. E’ qualcosa che si è evoluto nel tempo per ‘imitare’ ciò che esiste al di fuori di noi, e costruire una storia. Gli elementi di questa storia esistono prima della nostra nascita, poiché nessuno ci insegna a vedere i colori, né a sentire il dolore o le altre sensazioni. La coscienza è una proprietà intrinseca del cervello, con essa integriamo tutte le sensazioni in un'unica immagine. Esiste in sé. La coscienza quindi, non è un luogo fisico, ma un tempo e una frequenza, che accordano le diverse sensazioni all’unisono tra loro. Ricordiamoci che all'interno del cervello ci sono molti miliardi di neuroni, un numero enorme, eppure il sistema funziona come un singolo evento funzionale: la coscienza. Sono pochi i neuroni di vista, udito o di tatto, la maggior parte dei neuroni del cervello, infatti, non si occupa del mondo esterno. Il sistema nervoso è un sistema chiuso che genera stati oscillatori provenienti dai suoi neuroni, e li sintonizzano. Un’ondata oscillatoria di onde (17) attraversa il cervello e crea l’unificazione temporale, la coscienza è generata intrinsecamente ed è modulata (o contestualizzata) da impulsi sensoriali. Un’onda talamo-corticale, di 40 cicli al secondo, “ coinvolge entrambi gli emisferi e si diffonde dalle aree più profonde alle aree corticali superiori” (18). Il talamo, che si trova al centro del cervello, è il suo fulcro. Esiste una qualche ragione inconfutabile per sostenere che il cervello sia un sistema chiuso? Sì, pensate ad esempio al sogno. C’è un meccanismo che genera immagini; quelle stesse nelle quali noi ci muoviamo quando interagiamo con l'ambiente esterno. Il cervello non solo è un emulatore di una realtà ma cerca di anticiparla e modificarla. Ascoltare il tuo amico che parla dà l’avvio alla tua risposta potenziale di replica, e questo a volte lo fa innervosire perché magari conclude l’intervento in modo diverso da come ci aspettavamo. La coscienza ci permette, a volte, di passare dalle decisioni ‘automatiche’ a quelle ‘scelte appositamente’, di apportare correzioni (19).
Roger Penrose, fisico e matematico di Oxford, è perentorio: i progressi della fisica ci riserveranno in futuro gradite sorprese. L’essenza della nostra mente, e quindi di noi stessi, può essere spiegata da una teoria scientifica che comprenda sia la teoria quantistica sia quella della relatività. Nelle cellule cerebrali possono verificarsi fenomeni quantistici, in particolare in quei tubicini detti microtubuli, che nel loro insieme costituiscono lo scheletro della cellula del neurone. Costituito da una miriade di canali che trasportano materiale dall'interno all'esterno delle cellule. Portano i neurotrasmettitori fino alle sinapsi, il luogo dove due neuroni sono quasi a contatto, e si scambiano sostanze chimiche per trasmettere informazione. La qualità e la forza di una sinapsi può essere cambiata dall'azione dei microtubuli. Dobbiamo riuscire ad immaginare la coscienza come un fenomeno massiccio di coerenza quantistica. Il cervello non funziona come un computer calcolando i dati in arrivo e dando risposte in uscita (come presume la teoria computazionale della mente), per la semplice ragione che vi sono molti aspetti della mente che non computabili.I computer possono simulare efficacemente certe funzioni di calcolo dell’uomo ma non avranno mai comprensioni umane. Ci vuole un’ampliazione delle frontiere della fisica e delle leggi fondamentali. Quando facciamo della matematica nel nostro cervello accade qualcosa che va oltre la pura e semplice computazione, come quella che avviene all’interno del computer. Il computer, che si basa sulla fisica che conosciamo ora, può venire a capo di ciò che accade in una situazione fisica. Ma se le nostre menti lavorano in un modo che non è computazionale occorre convenire che ci troviamo di fronte a qualcosa di non riducibile alla fisica odierna. Pertanto “ ci dobbiamo attendere un mutamento profondo, che alteri le fondamenta stesse delle nostre opinioni filosofiche sulla natura della realtà" (20). Forse pensare al nostro cervello in termini di computer complicatissimi, di capacità di calcoli estremamente raffinati ha un senso; forse, raggiungendo un livello d’estrema complessità, i calcoli possono cominciare ad assumere qualità poetiche o soggettive, “è però difficile evitare la spiacevole sensazione che da un tale quadro debba sempre mancare qualcosa” (21).
Steven Rose è professore di biologia di Londra, per lui nessuno dei fondamentali attributi umani, linguaggio, autocoscienza e coscienza sociale è presente, se non in forma rudimentale, negli altri animali e nemmeno nell’essere umano appena nato. La mente è più vasta del cervello. Non siamo robot più o meno al servizio dei nostri geni ma siamo sistemi aperti, ben lontani dall’equilibrio dinamico. Selezioniamo e trasformiamo continuamente l’ambiente e viceversa. La mente deve essere considerata a diversi livelli: biochimici, psicologi e perfino i romanzieri, possono dare un contributo fondamentale. Nessun livello d’osservazione può considerarsi più importante degli altri. Per ora non siamo in grado di costruire ponti tra parti tanto diverse del sapere umano, eppure si tratta di linguaggi traducibili l'uno nell'altro, almeno in linea teorica. Il cervello è pieno di paradossi. Esso “è allo stesso tempo una struttura fissa ed un insieme di processi dinamici, parzialmente correlati e parzialmente indipendenti” (22). I processi mentali e coscienti sono proprietà evolute, servono per aumentare la possibilità della sopravvivenza umana: non sono scesi dal cielo e nemmeno sono proprietà addizionali prive di funzione, senza potere causale. Le potenzialità della mente devono essere fornite dalla nostra potenzialità evolutiva, dalla sua realizzazione nel corso dei mesi e degli anni della prima infanzia e dalla maturazione sia del cervello sia del corpo. Noi interagiamo con il mondo, con l’insieme di stimoli, di colori, odori, suoni, forme ed eventi che la corporeità percepisce e ai quali il cervello insieme a tutto il corpo cerca di dare un significato unitario e coerente. La coscienza è la percezione che il corpo ha di se stesso. Una coscienza intrisa di emozioni, le quali costituiscono la reazione immediata del corpo agli stimoli che vengono offerti dall’ambiente e dall’intera realtà. Oltre che naturalmente dalla memoria. Se niente in biologia ha senso se non alla luce dell’evoluzione, bene, per me il cervello non può essere compreso se non in un contesto storico. La mente di coloro che pensano sia solo una macchina che elabora l’informazione, è in fondo una macchina, astratta, sia pure molto sofisticata. Invece bisogna guardare ai cervelli reali che “ trasformano l’informazione inanimata in vivo significato, dando un senso al mondo che ci circonda” (23).
NOTE
10) Churchland P. (1989) A Neurocomputational Perspective. The Nature of Mind and the Structure of Science, The MIT Press, Cambridge (Mass), tr.it. 1992, La natura della mente e la struttura della scienza. Una prospettiva neurocomputazionale, Il Mulino, Bologna, p. 29
11) Churchland P. (1979) Scientific realism and the plasticity of mind, Cambridge University Press, Cambridge pp. 25-36
12) Churchland P. (1992) Activation Vectors Versus Propositional Attitudes: How the Brain Represents Reality in Philosophy and Phenomenological Research, p. 52
13) Searle J.R. (1997) The Mistery of Consciousness, tr. it. 1998, Il Mistero della Coscienza, Cortina, Milano, p. 14
14) Searle J.R. (2004) Mind: A Brief Introduction, Oxford-New York University Press, tr. it. 2005, La mente, Milano, Cortina, p. 44
15) LeDoux J. (2002) Synaptic Self: How Our Brains Become Who Are, tr. it. 2002 Il Sé sinaptico. Come il nostro cervello ci fa diventare quelli che siamo, Cortina, Milano, p. 454
16) LeDoux, citato in Goleman D. (1995) Emotional Intelligence, tr. it. Intelligenza emotiva, RCS libri Milano, p. 38
17) Llinas R.R., Ribary U. (1999) Coherent 40-Hz. Oscillations characterize dream state in humans in Proceedings of the National. Accademy of Science, USA Dec. 21, 96 (26) p. 152
18) Llinas R.R. (1990) Intrinsic elettrical properties of mammalian neurons and CNS function. Fidia Research Foundation Neuroscience Award Lecture, 4, pp.175-194
19) Pally R. (2000) The Mind-Brain Relationship, Institute of Psychoanalys, tr. it. 2003, Il rapporto mente-cervello, G.Fioriti Editore, Roma, p. 130
20) Penrose R. (1994) Shadows of the Mind. A Search for the Missing Science of Consciousness, Oxford University Press, Oxford-New York, tr. it. 1996, Ombre della mente, Rizzoli, Milano, p. 493
21) Penrose R. (1989) The Empereor’s New Mind, Oxford Press tr. it. 1997, La Mente Nuova Dell’Imperatore, RCS libri Milano, p. 565
22) Rose S. (2005) The 21st Century Brain. Explaining, Mending and Manipulating the Mind, tr. it. Il cervello del ventunesimo secolo. Spiegare, curare e manipolare la mente, 2005, Codice, Torino, p. 7
23) Rose S. (2006) Mente, cervello e libero arbitrio, MicroMega, Gruppo Edizioni Espresso
Ma che cos’è la coscienza?
Ma che cos’è la coscienza?
Di Luciano Peccarisi
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Andy Clark è professore di Filosofia e Scienze Cognitive nel Regno Unito e rifiuta la classica distinzione tra interno ed esterno. Per lui la mente non può che intendersi come estesa. Estesa fuori dalla scatola cranica a inglobare l'ambiente esterno: è come una sorta d’impalcatura su cui il cervello fa leva per rendere più efficaci i suoi processi di elaborazione. Il problema mente-corpo, in realtà nasconde in sé un terzo elemento: è il problema del rapporto tra mente, corpo e impalcature. Comprendere questo nuovo assetto evolutivo è decisivo per la nostra scienza, per i nostri principi morali e l'immagine di noi stessi, sia come specie che come persone (24). Bisogna superare il modello classico della mente come sistema di elaborazione di simboli e passare alla nuova scienza cognitiva incentrata sull'interazione tra percezione e azione, sulla robotica situata e la vita artificiale, sui sistemi dinamici, sulla tecnologia della cognizione. Il pensiero non è equiparabile a una sorta di calcolo formale (elaborazione di un programma) su simboli interni (rappresentazioni). Mente, corpo e ambiente perdono i loro confini che tradizionalmente li separano e bisogna immaginare un nuovo modello di cognizione nel quale ha senso dire che i nostri pensieri ‘sono in giro’, si realizzano (anche) nel mondo, o grazie al mondo, aldilà di ciò che avviene dentro la nostra testa. Le parole sono ‘attrezzi esterni’ che il bambino semplicemente incontra nel mondo (sono qualcosa in cui egli s’imbatte). Insomma l'ambiente (sociale e fisico) è parte integrante della mente umana. Le tecnologie odierne hanno permesso interventi di ‘ibridazione’ tra corpi e anche tra organico e inorganico: computer con i neuroni tratti dall'embrione di una rana. Ma non è necessario aprire scenari futuri per caratterizzare la natura umana in questo modo: infatti, diversamente dagli altri animali, gli umani siano dei cyborg ‘naturali’. Pensano e ragionano in primo luogo perché le loro menti sono costantemente dispiegate oltre i limiti del loro cervello. È alla profonda unità di mente, corpo e ambiente che occorre dunque prestare attenzione per comprendere sino in fondo quali siano i tratti pertinenti della natura umana. E oggi evidente la “tendenza generale dei ragionatori umani a dipendere pesantemente dal supporto ambientale” (25). Quando si guarda al tema in questo modo, diventa davvero difficile stabilire dove la persona finisce e dove ha inizio il mondo. Siamo portati a sperimentare i diversi artefatti, quali un bastone per ciechi, un bastone da passeggio, una bicicletta o una racchetta da tennis, come parti inseparabili di noi stessi. Il sistema che chiamiamo mente è in realtà molto più ampio di quello che chiamiamo cervello.
Vilayanur S. Rachamandran, professore di neuroscienze e psicologia a San Diego, California, afferma che tra i 75.000 e i 50.000 anni fa, apparvero sul pianeta, per opera di un essere vivente, cospicue novità. Utensili, strumenti, ornamenti, capanne, riti, opere d’arte, feste, accensione del fuoco, coltivazioni. Opera di una mente nuova capace di imitare e di parlare. L’uomo ha creato la cultura e ora il suo cervello è inestricabilmente legato all’humus culturale in cui è immerso. Se fossimo allevati in una caverna dai lupi o in un ambiente del tutto privo di cultura, saremmo a malapena umani.La storia umana tuttavia non è stata miracolosa. Studiando i disturbi mentali e ponendosi le domande giuste i neuroscienziati possono cominciare a rispondere ad alcuni degli interrogativi più pregnanti, che fino a ieri si ponevano solo i filosofi, sulla mente e sul cervello. Noi “ siamo del tutto inconsapevoli della stragrande maggioranza degli eventi in atto nel cervello” (26). Una donna all’apparenza normale soffriva di un unico bizzarro disturbo, ogni tanto la mano sinistra le afferrava la gola cercando di strangolarla mentre con la destra si difendeva cercando di tenerla a bada. Per una lesione al corpo calloso, il ponte che unisce i due emisferi simmetrici del cervello, antiche tendenze suicide del destro che controlla la mano sinistra, non più tenute a freno dal sinistro, erano libere d’attuare l’insano proposito. Con l’altro invece la donna cercava di salvarsi (27). Questa è una dimostrazione clinica che quel che chiamiamo coscienza non è per niente un’entità unitaria, bensì un insieme di cose.Vi è una malattia che si chiama anosognosia (negazione di malattia) in cui chi ne è affetto, di solito chi ha un ictus nell’emisfero destro del cervello (ma non nel sinistro), nega la paralisi e dice che la mano è immobile perché non ha voglia di muoverla o ha l’artrite o inventa altre scuse. Questo perché l’emisfero sinistro ha il compito di rimanere sempre coerente con il comportamento e fornire spiegazioni, e quando invece si presenta un’informazione incompatibile con il sistema di convinzioni, la rifiuta e accampa le più bizzarre giustificazioni (28).L’evoluzione ha costituito una ‘rappresentazione superiore’, una ‘metarappresentazione’ di noi stessi; una sorta di omino, un homunculus, che coinciderebbe con quello di cui invece si fanno tanto gioco i filosofi. Con questa metarappresentazione solo gli essere umani oltre ad avere le sensazioni qualitative di paura, piacere, benessere, terrore, serenità, inquietudine, hanno la coscienza di averle e possono perfino manipolarle. Un sistema particolare di neuroni capace di creare modelli interni di azione, mentre si guardano le azioni d’altri, sta alla base dell’imitazione. E’ il sistema dei neuroni specchio, scoperti da Rizzolatti e i suoi, e da lui ben descritto (29).Questo sistema può essere divenuto circa cinquemila anni fa, così sofisticato, da determinare l’evoluzione esplosiva della capacità d’imitare (la costruzione di strumenti?) e che questo poi forse ha condotto ad una caratteristica squisitamente umana: la trasmissione culturale delle informazioni.
Jean-Pierre Changeux che è professore di neuroscienze al Collège de France guarda al cervello come ad un apparato di verità. Gli esseri umani sono gli unici animali che sentono di essere come entità separate dal corpo. Quale prodotto dell’evoluzione biologica per selezione naturale e “quali che siano l’etnia, il clima o l’ambiente, l’autorità dei geni assicura l’unità del cervello umano in seno alla specie” (30). Il cervello si comporta naturalmente come un sistema autonomo che proietta in permanenza informazione verso il mondo esterno, invece che riceverne passivamente gli influssi. “L’attività intrinseca spontanea del cervello è una delle sue principali componenti. Essa si manifesta attraverso potenziali d’azione prodotti spontaneamente dalle cellule nervose” (31). Ha scremato al suo interno, attraverso centomila generazioni di sapiens, rappresentazioni del mondo esterno sempre più efficaci e vantaggiose per l’individuo e per la specie.
Michael Gazzaniga, neuroscienziato, presidente dell’American Psycological Society, afferma che durante gli esperimenti su soggetti con i due emisferi cerebrali divisi e resi indipendenti (ovviamente per curarli da gravi malattie, specie dall’epilessia) si possono verificare diversi fenomeni di dissociazione, come se esistessero due flussi di coscienza separati l’uno dall’altro. Rappresentazioni trasmesse e affinate sia per via genetica (dalla precedente generazione) sia per via epigenetica (durante lo sviluppo del singolo individuo), come ad esempio il linguaggio e la matematica. Non bisogna guardare alla natura della materia di cui il cervello è fatto ma alla sua organizzazione. Il cervello produce conoscenze perché riesce a rispondere adattativamente alle novità ambientali. Il nostro sistema nervoso costruisce spontaneamente fin dall’inizio delle pre-rappresentazioni. Queste consistono in repertori d’attività neurali che prefigurano delle potenzialità cognitive (provano con i pensieri delle azioni), da mettere alla prova dell'esperienza e poi selezionare le migliori. Una sorta di giochi cognitivi. Su questo modello selezionistico o darwiniano, si possono allora definirne i correlati fisiologici e i problemi dell'origine evolutiva e delle basi neurobiologiche della memoria e dell'apprendimento, della coscienza individuale e sociale, del linguaggio, della morale e della cultura. In uno spazio di lavoro interno confluiscono, e vengono integrati e valutati, i dati elaborati selettivamente dai sistemi percettivi, mnestici, motori, attenzionali e di ricompensa. Con l'emergere e lo sviluppo del linguaggio il cervello è andato al di là dei giochi cognitivi mentali, creando le condizioni per una verifica non più solo individuale ma anche interpersonale e sociale della validità delle conoscenze. Inoltre la mediazione comunicativa ha prodotto l'emergere di regole esterne selezionate culturalmente, in grado di organizzare e potenziare l'efficacia cognitiva d’operazioni innate, come quelle ad esempio del calcolo. L’acquisizione del linguaggio nei primi mesi avviene non per accumulazione di dati ma al contrario per una ‘restrizione progressiva’ della relazione suono-senso (setacciata sull’intonazione e ritmo delle parole dei genitori in un mare sonoro immenso e indifferenziato). Il delinearsi dell’identità è appunto una selezione nella tempesta neuronale del bambino (due milioni di sinapsi al minuto), apprendere significa allora, in questo senso, soprattutto eliminare.
In una persona normale il cervello è uno perché i due emisferi comunicano attraverso un ponte detto corpo calloso. Se l’emisfero destro vede ad esempio un cucchiaio, passa il messaggio al sinistro che essendo dotato dei centri del linguaggio, può denominarlo. Se i collegamenti sono interrotti vede il cucchiaio ma non sa chiamarlo; anche se l’emisfero non linguistico destro non ha problemi nella percezione del cucchiaio (32). L’emisfero sinistro contiene l’interprete, il cui compito consiste appunto nell’interpretare il comportamento e le risposte cognitive ed emotive. Di costruire una storia continua delle nostre azioni, delle nostre emozioni, dei nostri pensieri e dei nostri sogni. Esso fornisce, tra l’altro, al nostro bagaglio d’istinti individuali l’illusione che siamo qualcosa di diverso. Lascia che l’emisfero destro sogni, viva allucinazioni e stati alternativi di coscienza, crei metafore e miti, accolga ispirazioni musicali o letterarie. Tuttavia nulla di tutto ciò raggiungerà la soglia del cosciente se il censore digitale (l’interprete) rinverrà un alto tasso di irrazionalità nel contenuto. Sembra proprio esistere un meccanismo nella mente dell’uomo, più precisamente in questa parte digitale, che si sente in qualche modo obbligato a giustificare il perché della nostra condotta, costruendo delle vere e proprie teorie circa il suo significato. Sempre pronto a scattare in maniera del tutto automatica ogni volta che facciamo qualcosa, sempre attento a giustificare quanto fatto, lasciando rientrare il comportamento in una logica più accettabile. Nei test sulla memoria si è visto che l’emisfero destro tende ad essere veritiero mentre il sinistro genera spesso resoconti falsi, se servono ad essere coerenti e calzano con le convinzioni. Crea le differenze, scarta e accoglie in funzione della sua univoca logica. Tutto il resto cade nella sfera del non detto, nel regno dell’emisfero silente. L’interprete ci crea un’autobiografia. Gli animali non hanno una biografia, "la biografia è una creazione della mente. L'autobiografia è inevitabilmente un'invenzione” (33).
NOTE
Vilayanur S. Rachamandran, professore di neuroscienze e psicologia a San Diego, California, afferma che tra i 75.000 e i 50.000 anni fa, apparvero sul pianeta, per opera di un essere vivente, cospicue novità. Utensili, strumenti, ornamenti, capanne, riti, opere d’arte, feste, accensione del fuoco, coltivazioni. Opera di una mente nuova capace di imitare e di parlare. L’uomo ha creato la cultura e ora il suo cervello è inestricabilmente legato all’humus culturale in cui è immerso. Se fossimo allevati in una caverna dai lupi o in un ambiente del tutto privo di cultura, saremmo a malapena umani.La storia umana tuttavia non è stata miracolosa. Studiando i disturbi mentali e ponendosi le domande giuste i neuroscienziati possono cominciare a rispondere ad alcuni degli interrogativi più pregnanti, che fino a ieri si ponevano solo i filosofi, sulla mente e sul cervello. Noi “ siamo del tutto inconsapevoli della stragrande maggioranza degli eventi in atto nel cervello” (26). Una donna all’apparenza normale soffriva di un unico bizzarro disturbo, ogni tanto la mano sinistra le afferrava la gola cercando di strangolarla mentre con la destra si difendeva cercando di tenerla a bada. Per una lesione al corpo calloso, il ponte che unisce i due emisferi simmetrici del cervello, antiche tendenze suicide del destro che controlla la mano sinistra, non più tenute a freno dal sinistro, erano libere d’attuare l’insano proposito. Con l’altro invece la donna cercava di salvarsi (27). Questa è una dimostrazione clinica che quel che chiamiamo coscienza non è per niente un’entità unitaria, bensì un insieme di cose.Vi è una malattia che si chiama anosognosia (negazione di malattia) in cui chi ne è affetto, di solito chi ha un ictus nell’emisfero destro del cervello (ma non nel sinistro), nega la paralisi e dice che la mano è immobile perché non ha voglia di muoverla o ha l’artrite o inventa altre scuse. Questo perché l’emisfero sinistro ha il compito di rimanere sempre coerente con il comportamento e fornire spiegazioni, e quando invece si presenta un’informazione incompatibile con il sistema di convinzioni, la rifiuta e accampa le più bizzarre giustificazioni (28).L’evoluzione ha costituito una ‘rappresentazione superiore’, una ‘metarappresentazione’ di noi stessi; una sorta di omino, un homunculus, che coinciderebbe con quello di cui invece si fanno tanto gioco i filosofi. Con questa metarappresentazione solo gli essere umani oltre ad avere le sensazioni qualitative di paura, piacere, benessere, terrore, serenità, inquietudine, hanno la coscienza di averle e possono perfino manipolarle. Un sistema particolare di neuroni capace di creare modelli interni di azione, mentre si guardano le azioni d’altri, sta alla base dell’imitazione. E’ il sistema dei neuroni specchio, scoperti da Rizzolatti e i suoi, e da lui ben descritto (29).Questo sistema può essere divenuto circa cinquemila anni fa, così sofisticato, da determinare l’evoluzione esplosiva della capacità d’imitare (la costruzione di strumenti?) e che questo poi forse ha condotto ad una caratteristica squisitamente umana: la trasmissione culturale delle informazioni.
Jean-Pierre Changeux che è professore di neuroscienze al Collège de France guarda al cervello come ad un apparato di verità. Gli esseri umani sono gli unici animali che sentono di essere come entità separate dal corpo. Quale prodotto dell’evoluzione biologica per selezione naturale e “quali che siano l’etnia, il clima o l’ambiente, l’autorità dei geni assicura l’unità del cervello umano in seno alla specie” (30). Il cervello si comporta naturalmente come un sistema autonomo che proietta in permanenza informazione verso il mondo esterno, invece che riceverne passivamente gli influssi. “L’attività intrinseca spontanea del cervello è una delle sue principali componenti. Essa si manifesta attraverso potenziali d’azione prodotti spontaneamente dalle cellule nervose” (31). Ha scremato al suo interno, attraverso centomila generazioni di sapiens, rappresentazioni del mondo esterno sempre più efficaci e vantaggiose per l’individuo e per la specie.
Michael Gazzaniga, neuroscienziato, presidente dell’American Psycological Society, afferma che durante gli esperimenti su soggetti con i due emisferi cerebrali divisi e resi indipendenti (ovviamente per curarli da gravi malattie, specie dall’epilessia) si possono verificare diversi fenomeni di dissociazione, come se esistessero due flussi di coscienza separati l’uno dall’altro. Rappresentazioni trasmesse e affinate sia per via genetica (dalla precedente generazione) sia per via epigenetica (durante lo sviluppo del singolo individuo), come ad esempio il linguaggio e la matematica. Non bisogna guardare alla natura della materia di cui il cervello è fatto ma alla sua organizzazione. Il cervello produce conoscenze perché riesce a rispondere adattativamente alle novità ambientali. Il nostro sistema nervoso costruisce spontaneamente fin dall’inizio delle pre-rappresentazioni. Queste consistono in repertori d’attività neurali che prefigurano delle potenzialità cognitive (provano con i pensieri delle azioni), da mettere alla prova dell'esperienza e poi selezionare le migliori. Una sorta di giochi cognitivi. Su questo modello selezionistico o darwiniano, si possono allora definirne i correlati fisiologici e i problemi dell'origine evolutiva e delle basi neurobiologiche della memoria e dell'apprendimento, della coscienza individuale e sociale, del linguaggio, della morale e della cultura. In uno spazio di lavoro interno confluiscono, e vengono integrati e valutati, i dati elaborati selettivamente dai sistemi percettivi, mnestici, motori, attenzionali e di ricompensa. Con l'emergere e lo sviluppo del linguaggio il cervello è andato al di là dei giochi cognitivi mentali, creando le condizioni per una verifica non più solo individuale ma anche interpersonale e sociale della validità delle conoscenze. Inoltre la mediazione comunicativa ha prodotto l'emergere di regole esterne selezionate culturalmente, in grado di organizzare e potenziare l'efficacia cognitiva d’operazioni innate, come quelle ad esempio del calcolo. L’acquisizione del linguaggio nei primi mesi avviene non per accumulazione di dati ma al contrario per una ‘restrizione progressiva’ della relazione suono-senso (setacciata sull’intonazione e ritmo delle parole dei genitori in un mare sonoro immenso e indifferenziato). Il delinearsi dell’identità è appunto una selezione nella tempesta neuronale del bambino (due milioni di sinapsi al minuto), apprendere significa allora, in questo senso, soprattutto eliminare.
In una persona normale il cervello è uno perché i due emisferi comunicano attraverso un ponte detto corpo calloso. Se l’emisfero destro vede ad esempio un cucchiaio, passa il messaggio al sinistro che essendo dotato dei centri del linguaggio, può denominarlo. Se i collegamenti sono interrotti vede il cucchiaio ma non sa chiamarlo; anche se l’emisfero non linguistico destro non ha problemi nella percezione del cucchiaio (32). L’emisfero sinistro contiene l’interprete, il cui compito consiste appunto nell’interpretare il comportamento e le risposte cognitive ed emotive. Di costruire una storia continua delle nostre azioni, delle nostre emozioni, dei nostri pensieri e dei nostri sogni. Esso fornisce, tra l’altro, al nostro bagaglio d’istinti individuali l’illusione che siamo qualcosa di diverso. Lascia che l’emisfero destro sogni, viva allucinazioni e stati alternativi di coscienza, crei metafore e miti, accolga ispirazioni musicali o letterarie. Tuttavia nulla di tutto ciò raggiungerà la soglia del cosciente se il censore digitale (l’interprete) rinverrà un alto tasso di irrazionalità nel contenuto. Sembra proprio esistere un meccanismo nella mente dell’uomo, più precisamente in questa parte digitale, che si sente in qualche modo obbligato a giustificare il perché della nostra condotta, costruendo delle vere e proprie teorie circa il suo significato. Sempre pronto a scattare in maniera del tutto automatica ogni volta che facciamo qualcosa, sempre attento a giustificare quanto fatto, lasciando rientrare il comportamento in una logica più accettabile. Nei test sulla memoria si è visto che l’emisfero destro tende ad essere veritiero mentre il sinistro genera spesso resoconti falsi, se servono ad essere coerenti e calzano con le convinzioni. Crea le differenze, scarta e accoglie in funzione della sua univoca logica. Tutto il resto cade nella sfera del non detto, nel regno dell’emisfero silente. L’interprete ci crea un’autobiografia. Gli animali non hanno una biografia, "la biografia è una creazione della mente. L'autobiografia è inevitabilmente un'invenzione” (33).
NOTE
24) Clark A. (2003) Natural-Born Cyborgs. Minds, Technologies, and the Future of Human Intelligence, in Forme di Vita, n. 2-3, tr. it. Cyborg nati. Mente, Tecnologa, e il Futuro dell’Intelligenza Umana, Derive Approdi, Roma 2004, p. 175
25) Clark A, Chalmers D. (1998) The extended mind, in “Analys”, 58, p. 8
26) Ramachandran V.S. (2003), The Emerging mind, tr. it. 2004, Che cosa sappiamo della mente, Milano, Mondadori, p. 254
27) Rachamandran V.S. Blakeslee S. (1998) Phantoms in the Brain, tr. it. 2003, La donna che morì dal ridere e altre storie incredibili sui misteri della mente umana, Quark, Mondatori, p. 25
28) Rachamandran, V.S. et al. (1996) Illusions of body image: what they reveal about human nature. In The Mind-Brain Continuum, Cambridge, MA, MIT Press, pp. 29-603
29) Rizzolatti, G. Sinigaglia C. (2006) So quel che fai. Il cervello che agisce e i neuroni specchio, Cortina, Milano
30) Changeaux J.-P. (1983) L’Homme neuronal, Paris, Fayard, trad. it. 1983, L’uomo neuronale, Feltrinelli, Milano (IV) ed. p. 238
31) Changeaux J.-P. (2002) L’Homme De Veritè, Editions Odile Jacob, trad. it. 2003, L’uomo di verità, Feltrinelli, Milano, p. 28
32) Gazzaniga M.S. (1998) The Split Brain revisited, in “Scientific American”, 279, I, pp. 50-55
33) Gazzaniga M.S. (1998) Mind’s past, Berkeley and Los Angeles, University of California Press; tr. it. 1999, La mente inventata, Guerini
[Curata da Alessandro Corsi...[...is Abate Faria for FB...] porsenna45@gmail.com - re.porsenna@yahoo.it - Tel. 040815003 - 3477613787 - 3452117621]
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